Si è spento domenica mattina Francesco Principato, per tutti Franchino, icona della musica dance e techno per oltre quarant’anni in attività in Italia e all’estero
La sua voce era inconfondibile. Ma ancora più inconfondibili erano i suoi pensieri che inanellava uno dietro l’altro tra immagini allegoriche e fantasiose su ritmi martellanti che prendevano il sopravvento su tutto e su tutti.
Si è spento a 71 anni Franchino, all’anagrafe Francesco Principato, personaggio simbolo, autentica icona, di un fenomeno assolutamente italiano che per oltre venti anni ha animato i locali del nostro paese e che ancora oggi è estremamente rimpianto.
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Era malato da tempo. La notizia della sua scomparsa è stata ufficializzata attraverso i suoi stessi canali social dalla sua famiglia e dai molti amici che gli sono rimasti accanto fino all’ultimo momento.
“Sei stato una persona speciale per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerti – si legge nel messaggio condiviso inizialmente sul suo profilo Instagram e poi condiviso in poche ore in decine di migliaia di post, in Italia e all’estero – hai illuminato le nostre vite con il tuo sorriso, la tua forza e il tuo coraggio”.
Migliaia i messaggi di cordoglio di produttori e DJ che avevano condiviso il suo percorso tra nottate nei locali e festival in tutte le principali sale italiane ed europee dove Franchino era considerata non solo una personalità. Ma una vera e propria icona.
Negli ultimi anni grazie ai social era tornato a mostrarsi. I segni della malattia per la verità erano piuttosto evidenti: ma Franchino si era concesso con pazienza e disponibilità raccontando le sue esperienze in alcuni podcast e tornando in pochissime occasioni al microfono.
In un mondo delle discoteche che stava cambiando radicalmente e che si divideva tra mode diverse e stili estremamente differenti, Franchino era una delle persone in assoluto più riconoscibili. Arrivato in Toscana dalla Sicilia si era avvicinato al modo dei locali nei primi anni ’80 quando ancora lavorava come parrucchiere e progettava una carriera artistica frequentando il DAMS di Bologna. La laurea non la prenderà mai. Gli basteranno poche serate in discoteca per alimentare un successo senza precedenti.
Inizia come DJ e come promoter soprattutto nella terra che l’aveva adottato: la Toscana. É proprio qui grazie anche alla sua presenza che la techno getta le basi per un successo che farà la fortuna di numerosissimi locali invadendo le riviere, in particolare quella romagnola, la Versilia, i grandi club della Lombardia e del Veneto, per poi spopolare all’estero: Ibiza, Barcellona, Amsterdam, Londra e Berlino.
La caratteristica di Franchino era la sua voce. Lontanissima da quelle assillanti e cariche di effetti e di compressioni dei DJ radiofonici, Franchino si pone in consolle in modo integrativo, quasi al servizio dei DJ con i quali collaborerà per almeno un ventennio: Mario Più, Ricky Le Roi, Francesco Farfa. E ancora Toby J, Sabdro Vibot, Alex Neri, solo per citare quelli cui era legato di più e con cui lavorò per due decenni.
In oltre venti anni Franchino ha lavorato con tutti i più grandi fino a quando la moda è cambiata, i locali hanno cominciato prima a svuotarsi, poi a chiudere e la musica che faceva tendenza finiva per essere sempre più uguale a se stessa.
In Toscana, tra Empoli, Lucca, Pisa e Firenze non c’era locale dove Franchino non fosse amato e conosciuto. Le sue serate cominciavano tardissimo e si prolungavano fino all’alba. A musica martellante e ritmi ossessivi il vocalist alternava pensieri molto spesso improvvisati. Figure allegoriche ispirate a miti e leggende, fiabe e personaggi misteriosi animati di luce.
Alcune delle frasi di Franchino diventano autentici tormentoni. Il suo stile, inimitabile, viene in realtà imitato moltissimo sia in Italia che all’estero. Le sue immagini catalizzavano l’attenzione del pubblico: una delle sue frasi più ricorrenti era quella che riportava alla magia, al sogno, al viaggio.
Ogni notte, un locale dopo l’altro, Franchino ha calamitato l’attenzione di decine di migliaia di fan facendo moda e tendenza in tutti i locali più importanti. Con lui i locali più ricettivi diventano una sorta di oasi protetta della techno all’interno dei quali Franchino e i DJ che lo affiancavano diventano dei guru, profeti di una generazione che per qualche ora vuole vivere per vivere – un altro dei suoi claim più famos – e lasciare i problemi e i pensieri fuori dalla sala, assordandosi in una sorta di rito catartico.
Il boom degli anni ’90 corrisponde anche all’esplosione di una moda che muove miliardi in fatto di produzioni musicali, ingressi e consumazioni. I club cominciano ad accogliere in notti sempre più lunghe che sconfinano fino al mattino nei cosiddetti afterhour una folla impressionante di persone che si spostano da un locale all’altro seguendo i propri eventi preferiti.
Dal Tenax al Jaiss, dal Pineta, all’Insomnia fino a creare il mito del Cocoricò a Riccione e della Baia Imperiale a Cattolica che per diversi anni diventano un punto di riferimento, un autentico luogo di culto di intere generazioni.
La musica si evolve tra etichette e conformismi tra techno, trance e house lasciando a lui l’impatto dell’immaginazione che si traduceva in poche frasi pronunciate in modo molto evocativo e teatrale.
Non c’è alcun dubbio che l’apporto che Franchino ha dato a quel mondo e a quella musica sia stato assolutamente unico e inconfondibile.
Franchino arriva alla consolle tutto sommato molto tardi, ma nel momento giusto. Quando in Italia si creano condizioni particolari, e forse irripetibili, per rendere la sua arte un autentico marchio. Il declino dei locali più amati coincide, non a caso, anche con la fine di un certo modo di creare e di distribuire musica. Il mondo digitale prende il sopravvento e i DJ sono costretti a uscire dai locali e cercare una scena più ampia. Tra i grandi festival internazionali e i luoghi di vacanza. Un passaggio che a Franchino, profondamente legato all’idea del locale, della consolle e del pubblico da incontrare notte dopo notte, viene a mancare.
A poco a poco le serate si diradano, i locali cominciano a programmare musica che fa meno tendenza e le notti in discoteca si fanno sempre più piatte, noiose, uguali a se stesse. La techno si trasforma in rave. E la poesia svanisce…
Il mondo onirico di Franchino e di tutti i DJ di quella generazione non esiste più da anni anche se la musica techno continua a risuonare forte di influenze che sono nate proprio nel nostro paese, soprattutto grazie a lui.
Negli ultimi anni, soprattutto durante il Covid, Franchino aveva scelto di manifestarsi di nuovo al suo pubblico raccogliendo ovunque affetto e attenzione. Si esibiva da casa, in streaming, scegliendo personalmente la musica da suonare e recitando le sue narrative nel suo stile inconfondibile.
Altre volte si mostrava per quello che era diventato, un artista anziano e un po’ acciaccato che amava stare in campagna, tra l’orto e i suoi animali.
Da alcuni anni viveva a Santa Maria al Monte, vicino a Pisa. I primi segnali della malattia erano stati devastanti e beffardi. Nei primi anni 2000 quando avrebbe potuto cavalcare l’onda dei primi social un carcinoma gli spegne la voce e la creatività. Il recupero fu lentissimo.
Le sue ultime esibizioni, faticose e rallentate da medicine ed effetti collaterali, suscitano tenerezza. La sua voce era sempre quella. Anche se le parole erano più lente ed incerte.
Rivederlo davanti a un microfono raccontare le sue notti è stata una profonda emozione. Da alcune settimane le sue condizioni si erano aggravate molto. Da qualche tempo era in ospedale. I funerali saranno privati. Niente folla per lui stavolta.
Ma i locali, tutti i locali che lo hanno ospitato e la gente, la gente della notte che per lui ha percorso centinaia di chilometri e attraversato province affittando degli autobus per seguirlo tra serate e afterhours stanno organizzandosi in un omaggio che in Italia potrebbe non avere precedenti.
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