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Celano (Aq). Museo d’arte sacra della Marsica

Porta in legno dalla chiesa di Santa Matia in Cellis a Carsoli

Visitare il Museo d’arte sacra della Marsica

Tra i numerosi musei che ha il piacere di ospitare il territorio abruzzese ce n’è uno che risalta per l’eleganza degli oggetti che mostra al pubblico ed è il “museo d’arte sacra”, presente in territorio marsicano e più precisamente situato a Celano (Aq). Le fasi di realizzazione dell’apparato museale connesse a questa struttura sono diverse e delineano l’affascinante profilo storico che lo ha visto svilupparsi. Il Castello di Celano è noto anche come “Castello Piccolomini”e la prima fase della sua costruzione risale al lontano 1392, anno in cui proprio il conte di Celano, Pietro Berardi, fece costruire la Chiesa di Sant’Angelo ed il monumentale convento dei Celestini: ai monaci infatti fu poi donato l’antico palazzo. Alla prima fase della costruzione risalgono la cinta muraria e gli iniziali due piani; l’intero edificio risulta visibilmente armonico e compatto nonostante siano stati impiegati più stili nella sua realizzazione , dovuti a tempistiche diverse durante la sua concretizzazione. Con l’estinguersi della dinastia dei Berardi, la cura del Castello viene affidata ad un’altra dinastia, quella dei Piccolomini (dinastia che poi ha dato il nome alla struttura), e fu proprio Antonio Todeschini Piccolomini, nipote di Papa Pio XII che era stato investito della contea di Celano da Ferdinando d’Aragona che dal 1463 si prese cura di questa grandiosa costruzione. Innanzitutto egli si occupò dell’aspetto architettonico dell’opera, rendendola un vero e proprio palazzo residenziale, capolavoro che fu in seguito ulteriormente impreziosito di decorazioni e fu dotato di ulteriori fortificazioni necessarie soprattutto utili a prevenire attacchi esterni: furono aggiunti archi a tutto sesto, per esempio, che recavano sul capitello gli eleganti simboli della sua famiglia che furono la croce e la luna falcata. Il palazzo fu dotato di ulteriori finestre, loggette pensili e furono rinforzati gli angoli della cinta muraria che non apparivano adeguatamente resi dalla precedente realizzazione. Dai Piccolomini, che furono coloro che si erano impegnati di più perché la struttura potesse avere il meglio (non a caso essa conservò proprio il nome di questa dinastia), il Castello passò ai Peretti, sotto i quali dovette affrontare il difficilissimo momento della rivolta di Masaniello in cui fu coinvolto il meridione italiano che si batteva contro l’imponente presenza dei Borbone che avevano come unico scopo il dominio di queste terre. Successivamente furono i Savelli a prendere possesso della costruzione: questa famiglia ancora una volta si era occupata di assicurare protezione alla struttura, ritenendo insufficiente quella di cui sino a questo momento era stata dotata; inoltre, sicuramente ,tutte le famiglie successive dovettero occuparsi di un ulteriore problema: le scosse sismiche. Esse comportavano continuamente il bisogno di opere di ristrutturazione dell’edificio; i danni maggiori si ebbero con il terremoto del gennaio del 1915 dove molte porzioni del castello crollarono letteralmente a terra, ma la sua condizione fu aggravata ulteriormente anche dalle due guerre mondiali. Le opere di restauro del castello che si protrassero fino al 1960, tra alti e bassi, riuscirono a ripristinare l’antico splendore della costruzione: furono reintegrate le parti mancanti, fu rinforzata la cinta muraria e globalmente si cercò di adottare misure antisismiche, visti gli ultimi eventi, ed avendo compreso che la zona era soggetta a numerosi fenomeni sismici. Gli elementi architettonici che si sposano perfettamente nella porzione esterna della struttura sono di tipo medievale e rinascimentale e sono proprio un’ulteriore prova del fatto che il Castello abbia subito opere di manutenzione continua nel corso dei secoli avvalorando ulteriormente la tesi della compresenza di più stili. Elementi in pietra scolpita, sala due. Internamente l’edificio è essenziale : semplicità ed eleganza sono gli aspetti che colpiscono in una struttura che ha attraversato, in molti casi da protagonista, la storia; purtroppo però è bene ricordare che gran parte degli affreschi , menzionati tra l’altro soprattutto da molti autori ottocenteschi perché riconducibili ad opere letterarie, sono andati perduti. È una struttura che è sempre stata l’orgoglio della contea di Celano, oltre che fulcro della vita del paese, ed ancora oggi rappresenta un vero e proprio simbolo per questo territorio oltre che un punto di riferimento immancabile; non è un caso se è possibile vedere il castello anche a molti chilometri di distanza dal territorio del Fucino oltre che dai sacri e maestosi monti vicini che fungono da sfondo. Oggi nell’edificio sono ospitati gli uffici Periferici della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e della Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio; inoltre dal 1992 è sede del Museo della Marsica. Tempera su tavola. la Vergine. Dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie di Cese, frazione di Avezzano. Il museo è stato voluto dal soprintendente Renzo Mancini che ha collaborato con la Diocesi dei Marsi perché fosse tutelato ma soprattutto valorizzato il patrimonio artistico della Marsica. In seguito al terremoto del 1915, le opere che ora sono tornate a vivere nel museo del Castello erano state generosamente ospitate dal Museo Nazionale di L’Aquila e dal Museo di Palazzo Venezia di Roma. Ulteriore grande interesse hanno suscitato anche quelle opere che, non adeguatamente custodite nelle chiese abruzzesi, sono state accuratamente poste all’interno del Castello, in questo modo un vasto pubblico di visitatori e curiosi ha potuto conoscere ed apprezzare meglio l’arte sacra abruzzese e marsicana nello specifico. Tabernacolo con le “Storie di Cristo”, dalla chiesa di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana. All’iniziale illustrazione storico-geografica che viene fatta al visitatore all’ingresso, prima di immettersi nel percorso guidato, segue un tragitto che prevede tappe in sale che sono organizzate per sezioni: del primo nucleo della “mostra”fanno parte pittura, scultura ed arte sacra, legate all’elegante ed elevata produzione artistica liturgica facente parte del comprensorio marsicano tra il VI ed il XVII secolo. Il secondo nucleo invece è quello legato principalmente all’illustrazione di una raccolta archeologica che si è rivelata fortunata soprattutto durante i lavori di prosciugamento del lago Fucino: questi lavori furono voluti dal sontuoso e, come c’insegna la storia, sfarzoso principe Alessandro Torlonia.

Nella sezione dedicata all’arte sacra in modo particolare, c’è un’imponente presenza di reperti lapidei che vengono fatti risalire al periodo tra il VI ed il XII secolo come anche le imposte lignee, che si trovano in uno stato di decomposizione più avanzato, ma sono altrettanto osservabili; considerevole è anche la presenza di opere pittoriche e scultoree, collocabili tra il XII ed il XVIII secolo; tra il XIII ed il XVII secolo invece vengono collocate opere di oreficeria, mentre tra i secoli XV e XIX hanno una fortunata collocazione soprattutto i variegati parametri sacri. Le sale destinate all’arte sacra sono nove e sono state suddivise in virtù dei loro contenuti specifici. Certo poi non mancano sale di diverso utilizzo, soprattutto quelle a scopo didattico, essendo un museo molto frequentato da scuole, o sale a scopo espositivo, non mancando incontri e seminari che accolgano anche esperti. Tra i reperti lapidei, che sono collocati nella prima sala ci sono soprattutto frammenti o lastre che il più delle volte sono dotati anche di iscrizioni che hanno aiutato in passato anche i ricercatori nell’effettuare ricostruzioni vantaggiose; essi provengono principalmente da Chiese delle zone dell’aquilano , come anche le imposte lignee osservabili nella seconda stanza e che sono ricche non soltanto di iscrizioni, ma anche di raffigurazioni religiose, che molto spesso hanno da dire al visitatore del museo molto di più di iscrizioni latine, seppur brevi. La terza , la quarta e la quinta stanza invece, presentano dipinti e sculture dei quali non sempre si conoscono gli autori; essi corrispondono alla sezione più nutrita di tutto il museo e molto spesso sono i soggetti di studi e convegni di grande interesse internazionale. Dal Medioevo al Rinascimento l’Abruzzo ha goduto del fiorire di numerose scuole dedite all’arte orafa; i “gioielli” trovavano un ampio utilizzo soprattutto durante le liturgie, ed ecco dunque le sale VI e VII del museo sono interamente dedicate a queste opere preziose che hanno saputo anche rendere prestigiosi gli altari delle Chiese di questa regione. Per colmare il “quadro sacro” di quest’area del museo è indispensabile trattare il contenuto delle sale VIII e IX: i parametri sacri. Stole , tonache ed altri “indumenti” liturgici indossati dai sacerdoti durante le celebrazioni vengono osservati con intensa curiosità dai visitatori il più delle volte: innanzitutto colpisce il tessuto maggiormente utilizzato che è la seta, per lo più pregiata e di varia natura; questi indumenti sono impreziositi da ricami di alto valore, in alcuni casi con l’aggiunta perfino di filati metallici in oro ed argento. Diversamente organizzata è invece la sezione archeologica che presenta la sua definitiva esposizione a partire dal 2003 e consta di una serie di materiali diversi tra di loro che vanno dal III secolo a.C. al XVI secolo d.C. L’esposizione è organizzata in ordine cronologico e tra gli oggetti ci sono pezzi che catturano l’attenzione soprattutto per lo straordinario stato di conservazione in cui si trovano, pur essendo stati, lasciati alle intemperie per diversi secoli. Non mancano frammenti di ceramiche, rilievi, busti, armi, strumenti di lavoro, ed un’ingente presenza di monete e bronzi. All’interno del museo non mancano anche numerose mostre occasionali, manifestazioni culturali o seminari specifici.

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