Chieti. Museo nazionale archeologico

Il Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo ospitato nella sontuosa Villa Frigerj a Chieti.
La terra d’Abruzzo è conosciuta soprattutto per la grande quantità di siti archeologici, strutture d’epoca e musei che essa offre, ed in particolare, uno dei più importanti musei che si può avere il piacere di visitare è quello che si trova nella provincia di Chieti. Volendo essere più specifici esso è allestito presso Villa Frigerj, una villa neoclassica il cui allestimento attuale è stato curato nel 1984 e che presenta sistemi di sicurezza a norma, oltre che moderni apparati tecnologici adatti al controllo del clima che viene effettuato in tutte le stagioni in modo tale da rendere la visita culturale delle persone piacevole.
Il Museo Archeologico Nazionale di Chieti ospita le più importanti collezioni di reperti archeologici portati alla luce con passione sul territorio abruzzese; l’edificio neoclassico che dunque ospita questi pregevoli rinvenimenti fu fatto costruire dal famoso barone Ferrante Frigerj da cui appunto prende il nome la villa, il quale assegnò il progetto ad un prestigioso architetto napoletano chiamato Enrico Riccio: il desiderio del barone era di fare di questa spettacolare villa la sua “casa di campagna” ed infatti proprio perché rispondesse alle sue preferenze ne curò ogni minimo particolare. Il pianterreno della villa mostra, seguendo le linee del progetto, delle facciate in bugnato di mattoni, mentre per il piano superiore sono stati utilizzati dei semplici mattoni a vista , anche se poi la particolarità di questa facciata è lo stile delle finestre che la impreziosiscono , infatti esse presentano degli eleganti timpani in pietra che sottolineano ulteriormente lo stile neoclassico e nello specifico lombardo. L’interno della struttura presenta una monumentale scalinata realizzata a forbice che è sorretta da preziose colonne doriche che in un certo senso si affacciano più sullo stile neoclassico napoletano, quindi in un certo senso si nota che lo stile neoclassico è stato utilizzato nelle diverse forme che sono state osservate nella penisola italiana.
L a struttura mostra un ampio spazio che è la galleria centrale che oggi in realtà coincide con l’ingresso principale al museo ed in passato rappresentava l’ingresso previsto per le carrozze , questo giustifica la sua ampiezza , ed anch’essa presenta lo stesso stile in bugnato di mattoni presente sulla facciata del pianterreno.
La villa è circondata da un silenzioso e signorile parco e proprio insieme questi due ambienti furono ceduti al Comune della città di Chieti , e nell’anno 1868 la struttura fu aperta al pubblico per la prima volta , anche se poi il Comune, volendo realizzare un sito più scenografico , decise di acquistare i territori vicini e di ampliarne il parco che divenne nello specifico “parco pubblico”, ed i lavori per sistemare la struttura terminarono nel 1890 quando divenne il famoso Istituto Tecnico F. Galiani , che però a dire il vero non ebbe la fortuna di vivere molto infatti fu attiva fino alla Prima Guerra Mondiale, quando il suo utilizzo fu un altro: fu infatti occupata prima dai tedeschi, ma poi di venne centro di accoglienza per gli sfollati.
Il dopoguerra però ebbe in serbo un altro destino per questa storica villa: fu infatti ceduta dal Comune di Chieti al Demanio, grazie alla mediazione dell’allora Soprintendente professor Cianfarani che aveva particolarmente a cuore il benessere di questa struttura, infatti già negli anni della nascita della Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo, e quindi circa 1939, si parlava di rendere l’edificio un Museo che potesse ospitare ma soprattutto “custodire” le meraviglie che la regione rivelava costantemente ed infatti così avvenne. L’inaugurazione del Museo che oggi conosciamo ci fu nel 1959, ed addirittura partecipò al “taglio del nastro” l’allora Presidente della Repubblica, Gronchi. E da questo momento la Sovrintendenza ha sempre avuto grandissima cura di questo Museo che raccoglie un numero elevatissimo di reperti e che addirittura viene assistito con cura amorevole, basti pensare al fatto che dei lavori ancora adesso sono in fase di perfezionamento.
Il progetto creato perché la struttura fosse risistemata aveva lo scopo di badare non soltanto al contenuto , e quindi ad una corretta organizzazione del materiale archeologico internamente , ma aveva lo scopo di evidenziare il più possibile anche le caratteristiche architettoniche dell’edificio che com’è stato sopra esposto rispondono caratteristiche neoclassiche particolarmente eleganti ed interessanti da mostrare.
Anche l’attuale allestimento risale all’organizzazione realizzata nel 1984 ed è suddivisa secondo l’ordine degli ambiti curati e dei reperti distribuiti in merito alla loro classe di appartenenza. I soggetti che sono stati presentati all’interno del Museo sono in maniera particolare cosi classificati: i culti funerari legati al territorio abruzzese, la scultura italica, la sala legata al settore antropologico, la mitica collezione Pansa , la ricchissima collezione numismatica , la sala legata all’iconografia romana sempre limitata al territorio abruzzese ed infine il “lapidario” legata soprattutto all’epigrafia funeraria ed onoraria.
Ai culti funerari in Abruzzo sono dedicate più sale, che hanno il merito di mostrare al pubblico corredi tombali variegati provenienti da quelle che sono le maggiori necropoli itliche d’Abruzzo e dunque risalenti al periodo tra il IX secolo a.C. e il IV secolo a.C. : queste tombe hanno restituito del vasellame utilizzato soprattutto nelle mense ma in particolare hanno restituito armi ed ornamenti legati alla persona che caratterizzano le sistemazioni maschili e femminili in base alle diverse collocazioni. Il numero degli oggetti , ed il material utilizzato per forgiare questi oggetti invece ha evidenziato lo “status” sociale del defunto ma non solo , infatti lo studio di questi materiali ha potuto aiutare a dare spazio anche ad un’indagine sugli usi e di costumi , ma anche su contatti eventuali con altre popolazioni e sugli scambi commerciali.
La sala legata alla scultura italica invece si divide in due parti: la prima sala ha il merito di mostrare soprattutto testimonianze provenienti dalle zone di Capestrano, Rapino, Atessa, Collelongo, Loreto e Guardiagrele ed è qui che sono esposte statue , una maschile e l’altra femminile, che risalgono allo stesso filone culturale, mentre l’altra sala presenta in particolar modo tre stele funerarie con delle iscrizioni in lingua probabilmente paleo-sabellica proveniente da Penna Sant’Andrea ; queste ultime iscrizioni sono state molto importanti soprattutto per una ricostruzione della storia politica della regione, oltre che per quella della storia dell’arte, sebbene la lingua abbia creato non pochi problemi di comprensione.
La sala antropologica invece ha avuto un diverso utilizzo , infatti essa rivela dei veri e propri resti biologici che hanno permesso attraverso analisi di laboratorio , fisiche e biochimiche di ricostruire la “vita” del defunto, determinandone non soltanto quindi sesso ed età della morte, ma anche lo stile di vita, il regime alimentare , lo stato di salute, ed altre numerose componenti che sono state indispensabili anche per una ricostruzione più attenta del regime di vita legato alla comunità stessa di cui il defunto in questione faceva parte. E sicuramente questa è una delle testimonianze più utili e rilevanti per una ricostruzione sensata e completa dei modi di vivere in questa regione.

Fu il 1985 l’anno in cui il Consiglio d’Europa assegnò al Museo di Chieti una targa al merito, proprio perché di quell’anno era stato sicuramente il Museo migliore e più organizzato in assoluto ; addirittura ebbe il senno di dotarsi di strutture per disabili e di percorsi che questi ultimi potessero facilmente attraversare. E fu proprio in una delle sale al pian terreno che fu allestita la “Collezione Pansa”dal 1992 , dal nome di uno degli avvocati più stimati d’Abruzzo e dalla sua Sulmona, nella quale era conosciuto soprattutto per la passione che aveva per “l’antico”; questo lo portava ad acquistare e studiare quanti più oggetti poteva appunto perché gl’interessava non soltanto godere della loro bellezza ma anche saperne qualcosa di più. Ormai aveva da parte una collezione molto prolissa di oggetti archeologici che donò nel 1954 al museo di Chieti, il quale allestì in suo onore la sala della “Collezione Pansa” ed oggi tutti gli oggetti da lui acquistati sono regolarmente esposti: non mancano bronzi figurati, gioielli , vetri, avori, oggetti legati anche alla quotidianità come per esempio oggetti da lavoro ma anche corazze, elmi, cosmetici utilizzate dalle donne , tutti oggetti che hanno veramente dato grandi notizie sugli antichi popoli d’Abruzzo, soprattutto perché ci hanno parlato della loro vita quotidiana.
Grandissima attenzione è stata dedicata anche alla sala numismatica: sono presenti in questa sala una campionatura di più di quindicimila monete che sono state rinvenute nel corso della storia sul territorio abruzzese e si possono dare anche datazioni della moneta più antica presente nella sala risalente al IV secolo a.C., mentre la più recente risale al XIX secolo a.C. e proprio questo numero ingente di monete ha concesso agli studiosi la possibilità di una ricostruzione dell’aspetto economico e finanziario che interessava le popolazioni di questa zona e che sicuramente avevano una grande maestria soprattutto nell’ambito commerciale che li portava a curare scambi ed effettuare compere fuori dal loro territorio.
Il percorso che il visitatore può fare all’interno di questo Museo è molto articolato, ed anche suggestivo perché prima di aiutare a capire sicuramente i reperti presenti al suo interno affascinano come per esempio lo splendido materiale iconografico che ha sicuramente un elevato significato ideologico; il materiale è diviso in tre sezione : il pubblico , il privato ed il funerario . Proprio all’interno di queste sezioni i ritratti venivano classificati secondo delle norme giudiziarie ben precise, e sicuramente l’analisi di questo materiale iconografico ha dato la possibilità di ricostruire la situazione dell’Abruzzo durante la guerra sociale nell’età tetrarchica , cercando anche di evidenziare i saldi rapporti che si articolavano tra la provincia , ed il suo territorio circostante, con le famiglie che lentamente s’inserivano all’interno del contesto pubblico ed amministrativo romano. Sicuramente il materiale iconografico ha avuto il pregio di “fotografare” situazioni di continuo cambiamento oltre che di grande importanza.

La grande scala posta al centro dell’edificio presenta ai lati il “lapidarium” che comprende sia l’epigrafia onoraria che l’epigrafia funeraria ed uno degli oggetti più significativi di questo ambiente è sicuramente il letto funerario in avorio rinvenuto a Collelongo che si inserisce in una produzione artigiana che è tipica dell’Italia centrale e dunque dei territori di Marche, Abruzzo e Molise e che generalmente rappresentavano una imitazione di quelli che erano i lussuosi letti ellenistici. Certo non è l’unico esemplare, infatti sono diversi anche i frammenti di altri letti funerari sempre in avorio che vogliono testimoniare il prestigio della regione e l’attenzione che il passato riservava anche per coloro che intraprendevano il viaggio verso l’ignoto.
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Museo Archeologico Nazionale di Chieti
Guerriero di Capestrano

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