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Basilica Valvense o cattedrale di San Pelino
Ben pochi sanno che Corfinio, oggi piccolo paese all’ingresso della valle Peligna per chi proviene da Pescara, fu la prima capitale d’Italia. Eppure quasi duemila anni fa accadde proprio questo. Nella sua espansione verso il resto della penisola, Roma aveva sottomesso quelle stesse tribù italiche che le erano state alleate contro Annibale. Nonostante questi servigi, e le esplicite richieste, continuava a rifiutare però loro la concessione della cittadinanza romana. Nel 90 a.C le genti italiche dei Marsi, dei Peligni, dei Marrucini, dei Vestini, dei Piceni e dei Sanniti si unirono in una Lega, elessero capitale Corfinium, ribattezzata Italica, e scesero in armi contro Roma tiranna. Per l’occasione venne anche battuta una moneta che, su un lato, riproduceva la cerimonia del giuramento di fedeltà degli Italici contro Roma, con il dono delle fedi e il sacrificio di scrofe. Sul lato opposto compariva per prima volta la scritta ITALIA. I Vestini di Pinna, l’odierna Penne, ed altre città abruzzesi scelsero invece di restare fedeli all’Urbe. La Guerra Sociale divampò feroce soprattutto in Abruzzo e Campania, con alterne fasi. Alla fine il console L. Giulio Cesare fece votare una legge che concedeva la cittadinanza agli Italici rimasti fedeli. Nel 89 a.C. una nuova legge estese i benefici a tutti gli Italici.
Ma Corfinio ebbe un’altro momento di grande celebrità, per la precisione durante il medioevo: l’anno 1075 segna infatti la data di inizio dei lavori di due importanti chiese, non molto distanti l’una dall’altra, ovvero San Panfilo a Sulmona e San Pelino a Corfinio, quest’ultima più conosciuta come la Basilica Valvense poiché era sede dell’antica diocesi di Valva, dal nome della signoria longobarda del luogo, detta anche gastaldato. La chiesa sorse sul cimitero dei primi Cristiani cresciuto attorno al luogo dove fu martirizzato San Pelino, verso la metà del IV secolo.
Interno
La struttura di questa grande chiesa è stata riportata all’aspetto originale medievale con i restauri degli anni ’60 e ’70. Si compone di due edifici distinti, la basilica vera e propria, a tre navate, e l’oratorio di Sant’ Alessandro, sulla destra. In realtà quest’ultima è una chiesa rimasta incompiuta: nel 1092 era stata costruita solo la parte finale, ma venne ugualmente consacrata e lasciata così com’era, mentre i lavori della chiesa proseguirono fino al 1235. All’interno, assolutamente vuoto e spoglio, dalle pareti di pietra liscia, spicca subito agli occhi del visitatore il grande ambone, costruito tra il 1182 e il 1188 e abbastanza simile a quello che si trova nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Pianella, firmato dal Maestro Acuto. Alcuni fregi e i capitelli portano però a fare confronti anche con il bellissimo ambone della vicina San Clemente a Casauria. Molto belli gli affreschi, dipinti a più riprese tra il XIII e il XVI secolo, come l’Estasi di San Francesco di fine Duecento. In una nicchia sulla parete sinistra c’è una Crocifissione dai toni cupi, dei primi decenni del Quattrocento. L’ultimo affresco interessante è una figura a tutta altezza di Sant’Antonio da Padova, raffinata ed elegante.
Ambone
Nonostante si possa vedere una data del 1553 sulla balaustra dipinta nello sfondo, quest’opera secondo gli studiosi sembra molto vicina allo stile di un interessante pittore abruzzese di fine Quattrocento ancora in parte misterioso, il cosiddetto Maestro di Caramanico. Questo nome gli deriva dal fatto che la sua opera più famosa è un trittico che in origine si trovava nella chiesa di San Maurizio a Caramanico. Nella sagrestia, sulla sinistra dell’altare, è conservata una tela dipinta nel 1897 da Teofilo Patini, celebre pittore nato a Castel di Sangro, che raffigura una Crocifissione. Poco distante, incastonata nella parete, si ammira una Madonna col Bambino a bassorilievo del XII secolo.
Madonna con Bambino trecentesca
Nel vicino oratorio di Sant’ Alessandro, collegato alla chiesa da una porta sulla destra, vale assolutamente la pena di entrare per vedere i due affreschi del Trecento che ne decorano le pareti. Il primo, senza dubbio più raffinato, ritrae il Santo in atto di benedire chi osserva. Ai suoi lati sono due angeli e ai piedi si scorgono due monaci in posizione di preghiera. Questi ultimi sono i cosiddetti committenti; con questa parola si indica chi pagava l’artista per realizzare la sua opera. Era uso comune che ricchi personaggi, molto devoti, finanziassero affreschi e tele da donare alla chiesa cui erano più legati, e chiedessero poi di essere ritratti per testimoniare ai posteri il loro gesto generoso. Il secondo affresco è una sequenza di Santi: Giovanni Evangelista, Onofrio in vesti di eremita, Anatolia e Caterina d’Alessandria. L’archivio conserva vari tesori: un Messale miniato del 1309, un Liber Pontificalis del 1485 e vari incunaboli quattrocenteschi.
Affreschi del catino absidale del Sant’Alessandro
Galleria fotografica
Tutte le foto della Basilica Valvense di Corfinio
Nei dintorni
A pochi metri dalla basilica si scorgono due enormi ruderi, tutto quel che resta di un monumento funerario di epoca romana. Nel centro storico di Corfinio si nota la curiosa forma a ventaglio della piazza principale: è infatti costruita sull’antico teatro romano del I secolo a.C. del quale ricalca il profilo. Nel Museo Archeologico di palazzo Trippitelli si possono ammirare i reperti dell’antica Corfinium. Per proseguire la visita c’è solo l’imbarazzo della scelta. A pochi Km si trovano Popoli, con la sua Taverna Ducale, le Sorgenti del Pescara, ma anche Raiano con l’Eremo e le Gole di San Venanzo oppure Sulmona.