Il Principe Harry è nei guai: le autorità hanno analizzato approfonditamente i contenuti del suo libro ed hanno aperto un’indagine.
Il Duca del Sussex – probabilmente – con la pubblicazione di Spare ha fatto un passo più lungo della gamba. In molti lo immaginano alla sua scrivania, con il computer alla mano ed impegnato nel tentativo di mettere nero su bianco quanto di più profondo avesse taciuto nel corso degli anni. Peccato che il Principe non si trovi in terra britannica, bensì oltreconfine ed oltreoceano, in un luogo ove certi comportamenti sconsiderati contemplerebbero un divieto di permanenza del soggetto in questione. Chiunque abbia letto qualche pagina del memoir, ha sicuramente approfondito alcuni aneddoti legati all’adolescenza del secondogenito Windsor.
I cittadini europei – gli appassionati del genere almeno – conoscono bene il passato burrascoso del Principe Harry. Egli non ha mai nascosto di aver sviluppato una certa instabilità in seguito alla morte della madre. Una condizione di disagio che l’ha spinto a fare abuso di alcol e stupefacenti. Marijuana, “funghi magici”, farmaci psichedelici e talvolta persino cocaina. Tuttavia, prima della pubblicazione di Spare – Il Minore, il lato oscuro del Duca era legato per lo più a voci di corridoio e qualche intervista poco chiara rilasciata dal diretto interessato. Ora, al contrario, le autorità possono accedere ad una vera e propria confessione nero su bianco.
Per chi non dovesse conoscere le pratiche per ricevere un visto dagli Stati Uniti d’America, le autorità – prima di consentire al cittadino straniero un certificato di permanenza – espongono una serie di domande al candidato, verificando la sua idoneità ed ovviamente la buona condotta. Tra i quesiti fondamentali viene richiesto se il diretto interessato (o la diretta interessata) abbia fatto uso o meno di stupefacenti. Ebbene, il Principe Harry ha ammesso nel libro di memorie di aver avuto un passato di droga, taciuto tuttavia nel 2020, quando la coppia Sussex raggiunse la California per stabilirvi.
Il gruppo The Heritage Foundation, fondato a Washington nel 1973, ha dunque aperto una causa contro il figlio di Re Carlo III e Diana Spencer. L’esperto reale Michael Cole ha conseguentemente riflettuto: “Penso che sia in guai peggiori di quanto probabilmente creda”. Diversi utenti hanno commentato l’iniziativa del gruppo think tank conservatore, sostenendo che neppure ad Amy Winehouse sarebbe stato concesso un visto statunitense di fronte ad una confessione simile in piena regola. I Duchi del Sussex, come accade ormai di consueto, non hanno commentato quanto accaduto.
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