Il pescarese condannato all’ergastolo. Ecco cosa farà adesso la Farnesina

L’assurda storia di Giacomo Passeri, ragazzo 31enne cresciuto a Pescara, condannato in Egitto a 25 anni di carcere per possesso e spaccio di droga. Emergono dei dubbi.

Una storia che ha dell’incredibile e che coinvolge un giovane ragazzo di 31 anni che, da un anno ormai, è in prigione in Egitto, senza poter avere colloqui con la famiglia, all’interno del carcere di Badr la cui costruzione è stata voluta da Al Sisi e che le organizzazioni umanitarie, hanno più volte bollato come “inumano”, in riferimento alle condizioni in cui versano i prigionieri al suo interno.

Condannato in Egitto. Cos'è successo? inabruzzo.it
Condannato in Egitto. Cos’è successo? inabruzzo.it

La storia che coinvolge Giacomo Passeri, originario della Sierra Leone, cresciuto a Pescara e residente da qualche anno a Londra dove lavorava, riapre il dialogo tra le istituzioni egiziane e la Farnesina, dialogo che negli ultimi anni ha visto alternarsi diversi attori e che, ancora una volta, apre ad accese polemiche al netto di alcuni dettagli poco chiari da parte dell’accusa egiziana, che hanno portato il giovane a una condanna di ben 25 anni.

Quali sono le accuse

“Ergastolo” aveva detto dapprima la famiglia, “25 anni” chiarisce la Farnesina. Il succo cambia poco dato che Giacomo Passeri è stato condannato a scontare una pena estremamente punitiva, in Egitto presso il carcere di Badr dove ha già trascorso un anno. Le accuse per cui il giovane è stato condannato, sarebbero quelle di traffico internazionale di droga.

La rabbia della famiglia di Giacomo Passeri foto ANSA inabruzzo.it
La rabbia della famiglia di Giacomo Passeri foto ANSA inabruzzo.it

Il ragazzo, il 23 agosto del 2023, era stato fermato nel suo hotel di Sharm el-Sheik dalla polizia egiziana, per una perquisizione sia personale che in camera. Proprio in camera, secondo quanto ricostruito dagli agenti egiziani, erano stati ritrovati vari ovuli contenenti droghe di vario tipo finalizzate alla vendita. Secondo la ricostruzione egiziana, vari ovuli erano stati anche ingeriti dal ragazzo, per occultarne il trasporto.

A smentire questa tesi però, sono le parole del ragazzo che, parlando con la famiglia aveva si confessato di essere in possesso di droga, ma di come si trattasse soltanto di minime quantità di marijuana per uso personale; inoltre, l’esame tossicologico a cui il ragazzo era stato sottoposto, non aveva riscontrato la presenza degli ovuli nel corpo. “Mi hanno incastrato“, grida Giacomo, disperato, per quella che appare a tutti gli effetti come un’ingiusta sentenza, sia nell’aspetto temporale che punitivo, il tutto senza contare le condizioni precarie delle carceri egiziane.

A chiedere l’intervento del Governo italiano, sono i fratelli di Giacomo, Andrea e Antonio Passeri che commentano:”è un epilogo che non ci saremmo mai aspettati. Lui si è sempre dichiarato innocente, noi gli crediamo. E adesso si sente abbandonato”. L’avvocato difensore Said Shabaan si dice però, ancora convinto di poter provare la sua innocenza, nell’attesa che vengano prodotte le motivazioni della sentenza. I fratelli continuano, con un appello alle forze di Governo:”chiediamo allo Stato, alla politica italiana di farlo tornare in Italia, di interessarsi almeno al caso attraverso la documentazione ufficiale rilasciata dalle autorità egiziane”.

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