L’impressionante fortezza aquilana, edificato sul punto più alto della città e progettata da Pirro Aloisio Scrivà, architetto militare spagnolo, che incominciò i lavori nel 1534, primeggia tra i molti forti italiani ed è tra i pochi che si sono ben conservati. La costruzione è stata totalmente eseguita seguendo le più aggiornate tecniche dell’epoca relative all’edificazione di fortificazioni. La fortezza ha una pianta quadrata, con quattro massicci bastioni agli angoli con schema a punta di lancia collegati al tratto di cinta muraria che li unisce alle torri tramite singolari doppi lobi. La fortificazione è cinta da un fossato che non veniva allagato e originariamente era sormontato da un tavolato in legno, che parzialmente si ritraeva, e che venne distrutto nel 1883 e rimpiazzato dal ponte in pietra che è tutt’ora visibile, su pilastri costruiti cosicché i nemici che si fossero spinti nel fossato non avrebbero potuto trovare nessun riparo. Si arriva, dunque, all’ingresso che è contraddistinto dal pregiato portale in pietra, costruito da Pietro di Stefano (scultore aquilano), che è sormontato dal prezioso coronamento che porta il blasone con l’aquila bicipite appartenente a Carlo V. La fortezza si sviluppa attorno a uno spiazzo di forma quadrata il cui lato a sud-est, che corrisponde all’entrata, mostra un porticato a doppio ordine su massicci piloni, che nei progetti dello Scrivà, probabilmente, doveva allargarsi a tutto il perimetro della corte. Nel XVII secolo furono costruiti una serie di edifici per la guarnigione: nel 1606 il corpo di fabbrica a nord-ovest , mentre nel 1698 quello a nord-est. La sopraelevazione della facciata principale sopra al loggiato è invece posteriore.
Il ponte di accesso al castello Il recinto a forma di poligono munito di bastioni si innalza a scarpata dalla profondità del fossato che, creato nello sperone della collina, aveva fornito il materiale per la costruzione del terrapieno del perimetro. I solidi spessori delle mura, a scarpa dal basso fino pressappoco alla metà dell’altezza, cambiano dalla base che è di dieci metri alla sommità delle cortine che è di cinque. Una singolare accortezza di difesa consiste nelle originali doppie sporgenze che offrivano riparo ai soldati contro l’artiglieria nemica, che collegano i massicci bastioni alla struttura quadrata del forte e che servivano per rendere doppie le bocche da fuoco, rendendo più potente il fuoco di fiancheggiamento. Ognuno dei quattro bastioni contiene due grandi costruzioni di cemento destinate a proteggere uomini o pezzi di artiglieria chiamate casematte, chiuse a volta, con uno spiraglio circolare sulla cima di quest’ultima per smaltire i fumi; ognuna di queste costruzioni è sovrastata da una camera d’aria anulare con due funzioni: di rendere più leggero il carico sulle volte poste più in basso e di aumentare le bocche da fuoco. Da ognuna delle casematte poste al piano seminterrato si può avere accesso, tramite una rampa di scale, al livello inferiore delle contromine, singolare accorgimento di difesa formato da cunicoli in serie, costruiti sotto al livello del fosso e dentro le fondamenta, che permettevano di bloccare le mine dei nemici. Nella fortezza aquilana l’impianto delle contromine corre lungo le mura di fondamenta, sia nelle cortine che nei terrapieni sotto i quali si estende a creare camere di forma rettangolare con lati di 3 metri circa; si pensa che in Italia l’utilizzo di aperture di sfogo per dare libera uscita ai gas di esplosione sia stato impiegato qui per la prima volta. La parte conclusiva dei terrapieni è stata considerevolemente modificata durante il Settecento, per realizzare uno spazio di manovra più grande per le più ingenti artiglierie, tramite la rimozione dei tipici e originari merloni arrotondati forniti di un’apertura orizzontale per l’utilizzo degli archibugi. Le mura furono edificate utilizzando anche materiale proveniente da edifici, chiese e campanili situati nella città, con la pietra delle locali cave di San Silvestro, messa in opera a pietra regolare così da conferire all’intera costruzione grande sobrietà.
Stemma sopra il portone di ingresso Il Forte Spagnolo aquilano fu costruito in dimensioni gigantesche durante la prima parte del Cinquecento, nel corso di un grandioso progetto di rafforzamento militare del territorio avvenuto durante la dominazione spagnola in Italia del Sud e attuato con la volontà del viceré Don Pedro da Toledo, nominato nel 1532. Fu così predisposto un funzionale impianto di fortificazioni, sviluppato lungo le fasce costiere, che avevano come postazioni Gaeta, Capua, Brindisi, Napoli, Crotone, Barletta, Lecce, Manfredonia, Civitella del Tronto, Pescara. Vennero dunque rese più potenti e più moderne le strutture preesistenti e furono edificate nuove opere la quale progettazione fu affidata ai più capaci architetti militari operanti all’epoca, che portarono nel settore dell’ingegneria bellica le fondamentali innovazioni per adattare la difesa a reggere l’attacco della moderna artiglieria. Tra questi autorevoli ingegni emergeva un nobile, che si chiamava Pirro Aloisio Scrivà da Valencia e che arrivò a Napoli nel 1496. A lui furono assegnati due importanti compiti: l’edificazione a Napoli di Castel Sant’Elmo e la costruzione del forte di L’Aquila. Nel contesto del programma di totale potenziamento della difesa del Viceregno, la massiccia fortezza aveva dunque un ruolo di grande forza strategica per la sorveglianza dell’asse viario fondamentale che andava da nord a sud e poneva in comunicazione il Napoletano e le Puglie con Umbria, Lazio e Toscana. L’opera di costruzione incominciò sotto la personale direzione di Scrivà nel 1534 che, dopo due anni, fu sostituito da Gian Girolamo Scrivà, il quale la continuò sino al 1541. Nel momento in cui la comunità di L’Aquila venne sollevata dal pagamento dell’esoso tributo per l’edificazione del castello (1567), i lavori erano in gran parte finiti.
Uno dei bastioni Mai usato durante importanti azioni militari, fu compromesso in modo grave dai danneggiamenti subiti durante la Seconda Guerra mondiale. Nel dopoguerra passò dall’Amministrazione della Difesa a quella della Pubblica Istruzione e successivamente alla ristrutturazione gestita dal Soprintendente Chierici, diventò la sede del Museo Nazionale d’Abruzzo e della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie dell’Abruzzo e del Molise, che attualmente ha il nome di Soprintendenza ai BAAAS per l’Abruzzo. Le stanze del castello accolgono anche l’Auditorium, insieme alla Sala delle Conferenze, all’Osservatorio Aquilano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e alla sede della Società Aquilana dei Concerti.