L’Aquila. Museo Nazionale d’Abruzzo al Castello

Museo Nazionale d’Abruzzo

In Abruzzo sono davvero molti i musei che riescono a dare prova del fatto che il passato che lo ha caratterizzato è stato ricco di cambiamenti, oltre che di passaggi di popoli che hanno sempre visto nel territorio di questa regione una sicura roccaforte. Ora queste testimonianze sono raccolte nei molteplici musei che vanno ad “ornare”il suo suolo e la particolarità di queste strutture è che sono tutte differenti tra di loro, come d’altra parte i loro contenuti che si diversificano a tal punto che se si facesse un confronto tra i diversi musei ci si potrebbe rendere conto del fatto che messi insieme essi sono una vera e completa ricostruzione della storia di questa regione.
Un museo che però su tutti gli altri spicca per interesse oltre che per varietà di situazioni raccontate è quello del Museo Archeologico dell’Aquila presente nella fortezza cinquecentesca che già nella sua struttura esterna è una vera e propria testimonianza del passato oltre che quasi un pezzo dello steso museo che va ad ospitare. Anche il Castello infatti ha una sua storia da raccontare, esso è definito anche “forte spagnolo”e viene ad essere costruito a seguito della definitiva sconfitta dell’armata francese del Lautrec, quando ci furono trattative di pace tra Carlo V e Clemente VII, in un momento storico in cui, l’Aquila, ricchissima città del Regno di Napoli, iniziava a toccare con mano il suo tramonto. Data significativa per il cambiamento della città fu il 1529, quando fu il Vicerè del Regno di Napoli, Filiberto d’Orange ad occupare militarmente la città, che ormai viveva un momento di pericolosi e continui tumulti, dunque egli fece costruire un castello nel punto più elevato della città, per tentare di reprimere i diversi tumulti , oltre che le continue avanzate di truppe; proprio questa costruzione fu il primo e vero simbolo della repressione del popolo che veniva inserito in un contesto globalmente negativo visto che ormai , sia economicamente, che politicamente la città versava in condizioni pessime essendo del tutto marginale. Non mancavano anche continue minacce e saccheggi ai danni della città, tanto che alla morte d’Orange, che veniva accusato di tutta questa situazione, si diffuse la voce che fosse stato volutamente ucciso da un cittadino aquilano; il fortilizio che lui stesso fece costruire fu distrutto alla sua scomparsa visto che non era ben voluto dagli aquilani, appunto, ed al suo posto fu costruito il fantastico Castello che ormai è diventato celeberrimo, anche purtroppo a causa degli ultimi avvenimenti che hanno colpito la città dell’Aquila.

Castello Cinquecentesco

Il Castello è una delle realizzazioni più importanti d’Abruzzo e che s’è cercato anche di conservare nel migliore dei modi possibile ; la sua imponenza è una testimonianza anche di quelli che sono gli anni turbolenti delle guerre che ha vissuto l’Italia, dunque le trasformazioni che ha subito sono dovute soprattutto agli eventi storici che l’hanno interessato. Il Castello è anche definito “Forte Spagnolo”, proprio perché nel 1532 il Vicerè spagnolo don Pedro de Toledo ne accrebbe l’importanza sotto il Regno di Napoli, amplificando sostanzialmente l’assetto architettonico, superando quelli che erano i limiti di un baluardo medioevale e la direzione dei lavori fu affidata a Pirro Luis Escrivà che aveva fama di essere un grande architetto soprattutto esperto nella realizzazione di fortificazioni.

La storia di questo Castello è molto complessa infatti anche il suo passaggio da castello medioevale a struttura moderna ha visto il contributo di diversi architetti di fama come Baccio Pontelli, i Sangallo, che non l’hanno solo modificata perché fosse più bello esternamente, ma anche perché fosse più utile e perché potesse rispondere a delle esigenze anche politiche. Escrivà in particolare, trasformò il Castello in una vera e propria macchina da guerra, fece in modo tale che in caso di combattimento la struttura potesse offrire difesa e controffensiva, ed ecco che l’edificio fu il risultato di un avanzato calcolo che rispondesse ai bisogni dell’architettura militare. La buona riuscita di questo progetto fu anche merito della città che vessata dai numerosi attacchi, decise di pagare personalmente le spese dei lavori e dunque di contribuire alla realizzazione di questa moderna fortificazione.
Non è difficile capire dunque che si tratta di una struttura imponente, a pianta quadrata che presenta agli angoli massicci bastioni con uno schema che viene definito a “punta di lancia” proprio per la loro somiglianza ad una lancia che si erge verso il cielo; è interamente circondato da un fossato profondo e molto ampio e l’ingresso è definito da un ponte in muratura che inizialmente presentava la “camminata”in legno, distrutta poi nel 1883, sostituita oggi dalla pietra che permette di percorrere il tragitto del ponte fino a raggiungere il Portale d’ingresso che presenta lo stemma di Carlo V, probabilmente fatto creare dall’architetto Evangelista Menga.
Pezzo forte della struttura è sicuramente il Portale maestoso e bianco che è fiancheggiato da lesene in ordine dorico;esso sormontato dall’aquila bicipite che nel linguaggio araldico è rappresentato con l’aquila a due teste separate fin dal collo e rivota una verso destra e l’altra verso sinistra, indica l’unione di due imperi. Nella parte superiore il portale reca la scritta latina “ad reprimendam audaciam aquilanorum”. I bastioni rappresentano un elemento fondamentale di tutta la costruzione, infatti sono autentici punti di utilizzo sia per la difesa che per l’attacco : sono grandi e complessi in modo da resistere agli attacchi ed erano dotati anche di cisterne per l’approvvigionamento dell’acqua. Ogni bastione presenta due grandi costruzioni chiamate “casematte”che, con la loro chiusura a volta avevano lo scopo di proteggere uomini ed armi, oltre che immettere nelle “contromine” , un sistema di cunicoli disposti in serie che servivano, come suggerisce il nome, a bloccare le mine, appunto, dei nemici.

I bastioni invece sono collegati alla cortina attraverso duplici sporgenze che sono caratteristica sostanziale delle strutture militari che aumentavano il numero delle cavità per il fuoco, diminuendo la possibilità che i colpi dei nemici ricevuti possano entrare all’interno, avendo una particolare angolazione. Ogni lato della costruzione della lunghezza di centotrenta metri è totalmente rivestita in travertino; le mura presentano uno spessore notevole e non presentano alcun motivo decorativo: l’unico presente è quello del portale. Anche il cortile interno presenta una forma quadrata come tutto il resto della struttura vista dall’esterno e nella porzione corrispondente all’entrata presenta un porticato con un doppio ordine di lesene. La struttura è totalmente circondata da un enorme ed importante parco che però non è l’unica porzione particolare di tutta la struttura in quanto di caratteristico ha anche i sotterranei che probabilmente sono nati come strutture carcerarie e a causa del particolare clima secco e ventilato ha permesso la mummificazione di diversi corpi che poi sono stati portati nel cimitero cittadino.

Sale e opere del Museo Nazionale

Il fascino della struttura, però, non è dovuto solo all’edificio, soprattutto perché esso viene considerato come il museo più importante di tutta la regione a livello artistico. Il museo è ospitato nelle quarantuno sale del Castello che sono state predisposte all’accoglienza di queste numerose opere, le quali sono disposte a seconda del loro genere. Al pian terreno in particolare sono esposti reperti archeologici in due sale e sono cronologicamente differenziati. Ci sono addirittura reperti di età protostorica; i reperti archeologici provengono in parte da abitati ed in parte da necropoli e documentano la vita delle popolazioni del posto tra il III ed il I millennio a.C. Tra questi spiccano armi in bronzo ed in ferro, che sono più che altro oggetti legati al maschio, e vasellame ed ornamenti che invece sono legati più che altro alla donna. Non mancano poi oggetti databili tra il VII a.C. ed il III secolo d.C. che sono testimonianze provenienti da Amiternum, Peltuium, Aveia, oltre che da tutti gli altri più importanti siti romani dell’aquilano. Di grande interesse ci sono anche il famoso Calendario Amiternino datato I secolo d.C.,i rilievi funerari raffiguranti un corteo funebre ed una scena rappresentante una lotta tra gladiatori, le numerose epigrafi ed ovviamente l’elevatissimo numero di oggetti di uso quotidiano quali per esempio ceramiche, vasi, ma anche statuette in bronzo, balsamari, lucerne, e così via. Nella sala, sempre al primo piano, che un tempo era una cisterna per l’acqua di cui usufruivano i soldati che vi si rifugiavano, oggi riposa un colossale scheletro di Arkidiskon Meridionalis Vestinus , ossia un grosso Mammut molto più antico di quello che si è abituati a considerare; esso fu ritrovato nel 1948 a Scoppito e inserito l’anno dopo nel museo che era stato inaugurato da pochissimo. Tra i pezzi dell’area archeologica vanno annoverati anche quelli numismatici che sono una testimonianza non soltanto degli antichi traffici commerciali che la zona aveva avuto nel IV secolo a.C. ma sono anche una prova di come l’economia della zona si sia evoluta nel corso del tempo.

La seconda sezione che viene curata è quella dell’arte sacra in cui prende piede l’attività artistica in Abruzzo dal XII al XVI secolo e di sicuro il motivo in assoluto ricorrente è la Madonna con Bambino che s’è sviluppata a partire dai modelli francesi e sicuramente di base c’è anche una grandissima attenzione per il modello bizantino che invade totalmente il XIII secolo e che vede come soggetto soprattutto la Madonna in legno provenienti dai diversi comuni dell’aquilano e dintorni e non manca anche un’iconografia attenta del Cristo sofferente, nel XIV secolo invece l’espressione stilistica più utilizzata, di cui si possono notare anche diverse testimonianze, è quella del gotico sempre comunque di matrice francese e che viene celebrato ancora una volta soprattutto con le statue di santi e delicate Madonnine. Tra le raffigurazioni più interessanti ci sono il Trittico di Beffi nonché opera del Maestro delle Storie di San Silvestro risalente al ‘400 e che raffigura la Vergine Maria sul trono ed altri episodi della sua vita.

Rinascimento

Il rinascimento invece viene ampliamente rappresentato dalla scultura lignea che utilizza più colori come nel San Sebastiano di San Silvestro dell’Aquila o le Storie di San Giovanni da Capestrano, tra le opere pittoriche grande importanza assumono anche le opere pittoriche di Pietro Alamanno ed in particolare del celeberrimo Saturnino Gatti, del quale in particolare nel museo si può vedere la Madonna del Rosario. Uno degli esponenti maggiori del ‘500 è sicuramente Francesco Montereale, le cui opere più famose sono sicuramente La pietà, La Nascita della Vergine, e Santa Elisabetta d’Ungheria. Con grande orgoglio il museo ospita anche opere elevate La Visitazione di Raffaello ed opere di altri grandi artisti quali per esempio Pompeo Cesura, Giovanni Paolo Cardone, suo allievo, e dal XVI secolo in poi subentrano anche le importanti opere di Giulio Cesare Badeschini, quali L’Adorazione dei pastori e i Ritratti dei Santi Patroni dell’Aquila. Tra il XVII ed il XVIII secolo è possibile annoverare Karl Ruthard e Vincenzo Damini e la splendida collezione donata al Comune aquilano dal marchese Francesco Cappelli di Torano, la cui collezione è chiamata appunto “Collezione Cappelli”che comprende opere realistiche, fra cui quelle di Mattia Preti i cui chiaroscuri rimandano a Caravaggio. Tra le opere di grande intensità si possono annoverare anche quelle di Andrea Vaccaro con la Sant’Agata e Jusepe de Ribeira con la Maddalena.

Nella sala del Gonfalone invece protagonista assoluta è il dipinto su seta di Giovan Paolo Cardone, che rappresenta nella parte anteriore il Cristo Salvatore secondo un modello di Michelangelo esposto in Santa Maria sopra Minerva a Roma, mentre ai suoi lati ci sono la Vergine ed un angelo in ginocchio. Al centro invece è rappresentata la città aquilana come se fosse adagiata sopra un rivestimento che viene sorretto dai quattro protettori della città: San Massimo, Celestino V, San Bernardino da Siena e San Eutizio. Mentre in basso sono effigiati San Francesco , San Bernardino e San Giovanni della Marca: soprattutto gli ultimi due sono molto celebrati nella città.
Nella sezione dedicata al genere dell’oreficeria ci sono tantissimi esempi di questo mondo legati al’arte orafa abruzzese come per esempio le croci dei santi più importanti d’Abruzzo, o i reliquari fra cui quelli preziosissimi di San Giovanni e San Francesco. Mentre tra i tessuti ci sono soprattutto opere collocabili tra il XV ed il XVIII secolo che fanno parte quindi di un’elaborazione artistica più recente, una di queste è la Coperta che secondo la tradizione è stata utilizzata per coprire il manoscritto membranaceo di San Pietro Celestino . Non mancano merletti creati col “tombolo”, lavorazione tipicamente aquilana, oltre che rasi intessuti in oro ed in argento tipicamente decorati con motivi floreali e rallegrate da varie tonalità di colore.
Grande attenzione merita anche l’arte moderna e contemporanea tra le esposizioni del museo, infatti esso ha proprio il merito di aver riunito opere di grandissimi artisti del ‘900 soprattutto : pittura, scultura, grafica, animano soprattutto pianoterra e piano interrato dell’edificio, comprendendo autori del calibro dei fratelli Cascella, Torres, De Sanctis, Spoltore e molti altri che sono stati importanti anche in ambito nazionale non soltanto regionale.

Gallerie fotografiche

Castello Cinquecentesco di L’Aquila
Museo Nazionale d’Abruzzo

Terremoto

A seguito del sisma del 6 aprile 2009 che ha gravemente danneggiato il Castello e alcune delle opere esposte, il museo è stato disallestito e le opere sono attualmente presso il Museo di Celano Paludi.

Gestione cookie