Alla scoperta della Mortadella di Campotosto, un salume che è ormai un marchio di fabbrica della provincia di L’Aquila. La storia dietro al curioso nome.
Le tradizioni culinarie abruzzesi sono tante e sconfinate, in grado di accontentare anche i palati più esigenti, alla ricerca di emozioni nuove anche se radicate nella storia di un territorio. Di esempi ce ne sarebbero svariati, in grado di spaziare dal dolce al salato, offrendo ogni volta sensazioni diverse in base alle esigenze dei vari avventori. Se si amano i salumi più particolari, a Campotosto c’è sicuramente qualcosa da provare.
Tutti avranno mangiato, almeno una volta nella vita, la convenzionale mortadella e tutti ne avranno più o meno un’idea. In provincia di L’Aquila però, il concetto di mortadella è diverso e, dalla tradizione, è nato un salume estremamente identitario che, adesso, ha ormai fatto il giro di tutta l’Italia ma che non dimentica mai le sue origini: la Mortadella di Campotosto.
Ecco cos’è
La Mortadella di Campotosto, salume molto particolare che forse in tanti conosceranno col nome di “coglioni di mulo” per via della forma e del fatto che venissero vendute a coppie, rappresenta un pezzo di viaggio nella storia, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Con quel profilo ovoidale, legate a due a due con uno spago annodato a mano, un tuffo nella tradizione.
La preparazione è estremamente importante e, a oggi, le regole sono rimaste invariate rispetto al passato: si macinano finemente alcuni dei tagli più magri del suino, tagli scelti come per esempio spalla e prosciutto. A questi si aggiunge la pancetta, macinandola a dovere, necessaria per conferire un po’ di “grasso” all’impasto, rendendolo più saporito e morbido.
Un elemento fondamentale, che le rende riconoscibili anche soltanto visivamente, è il tipico lardello, il bastone lungo circa una decina di centimetri che viene inserito nel mezzo. Il processo di preparazione continua: dopo esser state confezionate, le mortadelle vanno appese a una pertica che dovrà rimanere esposta, per almeno 15 giorni, al fumo di un camino alimentato con legna di quercia o di faggio.
Si passa così all’ultimo passaggio: la stagionatura naturale. Ci si affida a metodi messi a disposizioni da madre natura, dal vento di Tramontana fino alle temperature refrigeranti che solo i 1300 metri d’altitudine concedono, unitamente all’umidità adatta, tutti fattori che permettono l’essiccamento ottimale della mortadella. Bastano tre mesi dunque, affinché le Mortadelle di Campotosto siano pronte per il consumo, da accompagnare con una fetta di pane croccante e un bicchiere di buon vino rosso.