Il “vate”d’Abruzzo celebrato nella sua casa-museo: Gabriele d’Annunzio e il suo contatto con la quotidianità supportato dall’eleganza dei suoi versi
Analizzando la letteratura italiana nelle sue varie forme e leggendone i suoi innumerevoli esempi, è possibile vedere come essa è sempre stata influenzata nella resa finale dalle emozioni e dai sentimenti del poeta . La cosa che molto spesso risulta piacevole notare è il fatto che l’autore si fa influenzare ampliamente nello scrivere anche dalle persone o dalle cose a lui più care , che riescono a tirar fuori dal suo cuore parole auliche o versi commuoventi che addirittura riescono ad influenzare lo stesso stato d’animo del lettore e ad originare in lui profonde riflessioni ; anche le origini dunque dell’artista sono una vera e propria forma d’ispirazione, come è possibile notare leggendo le opere di uno dei più grandi scrittori abruzzesi: Gabriele d’Annunzio. Questo grande poeta è stato definito “il vate”, ossia quel “profeta” che ha vissuto a pieno le varie sfaccettature della realtà e che ha avuto la possibilità di vivere la sua vita fino in fondo senza dover mai rinunciare a nulla. Non ha mai rifiutato la compagnia di una bella donna, non ha mai perso occasione di di dare spazio al divertimento , ma non ha mai messo da parte uno dei più grandi amori della sua vita: l’Abruzzo. Questo è uno dei tanti motivi per cui oggi questa regione lo celebra ogni giorno : a lui sono dedicati ponti, università , strade, in molti hanno colto la grandezza del personaggio per riempire cartelloni pubblicitari o per dare nomi alle varie attività anche commerciali, proprio perché la sua fama non s’è sicuramente spenta con la sua morte e forse con il suo vagabondare e con le sue serate mondane anche fuori d’Abruzzo è riuscito a far conoscere la sua regione a molti.
Egli non ha mai avuto problemi nel raccontare la vita cosi come la vedeva e si potrebbe sottolineare come sia stata proprio la realtà ad essere la sua maggiore forma d’ispirazione; non ha mai avuto paura di pregiudizi, ne di accuse perché ha sempre trovato le parole giuste per difendersi anche all’interno delle sue stesse opere e quanto gli stava a cuore era proprio soddisfare il gusto borghese ed elitario del suo vastissimo pubblico. Quanto emerge dai suoi scritti soprattutto, è l’immagine di un uomo che ha sempre combattuto per ciò che riteneva importante, basti pensare che d’Annunzio non è soltanto il letterato che si è abituati a leggere, ma la vita di questo grandioso pescarese è fatta di un’attiva attenzione anche nei confronti della politica per esempio: quando si parla di Gabriele d’Annunzio non si può non citare la fortunata impresa di Fiume che lo aveva portato con profondo orgoglio patriottico ad organizzare, nel 1919,una spedizione di legionari con cui occupò, appunto l’appena citata Fiume , che gli avversari politici , a causa della sua collocazione geografica, si erano rifiutati di assegnare all’Italia. Con quest’impresa il “vate” riuscì a raggiungere il punto più alto di quel processo di costruzione di un mito personale e politico.
Ma il senso patriottico di Gabriele, non lo si vede solo in queste colossali imprese, ma anche nella particolare eleganza della sua poesia che ha sempre spinto il lettore a percepire che tra le sue numerose amanti, prima fra tutte era sicuramente la sua terra , che celebra sempre in modo attento ma cordiale, quasi come se volesse convincere chi non è mai stato in Abruzzo del fatto che questa regione è davvero splendida e magica ed è capace di rispondere ai gusti ed alle esigenze di chiunque: dunque è difficile non “innamorarsi” dell’Abruzzo. Quello di d’Annunzio fu un estetismo decadente che lo portò a fare anche scelte “elevate” che però non avessero un valore ideale ed assoluto ma che potessero essere utili , infatti dai suoi versi traspare una particolare attenzione per il quotidiano ed il semplice comunicati con una grande spregiudicatezza.
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga ne’ cuori esuli a conforto
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciaquìo, calpestìo, dolci rumori.Ah perchè non son io co’ miei pastori?
Questa è una delle poesie più significative di d’Annunzio in cui viene ad essere esplicito il riferimento alla sua amata e venerata terra: c’è un riferimento molto forte ai suoi due ambienti più importanti che sono il mare e la montagna; soggetto evidente di questi versi è la pastorizia che da sempre è stata una delle più redditizie forme di economia per questa regione che gode di pascoli salutari e di un clima particolarmente ottimale. Questa poesia in particolare vuole mettere in luce il “ricordo”di luoghi lontani e che per gli abruzzesi innamorati della loro terra, come il poeta, rappresentano posti sacri. D’annunzio nella sua vita ha viaggiato molto quindi il suo paese sebbene lontano dai suoi occhi era vicino al suo cuore ed infatti li racconta al lettore con una profonda passione: è possibile pensare ai tratturi da lui descritti che appaiono come luoghi silenziosi attraversati da pastori migranti che spingono innanzi a loro il gregge dall’Appennino fino al mare e già solo leggendo sembra quasi di sentire sulla pelle questa piacevole brezza che muta solo nei profumi dal mare alla montagna,mentre il movimento di questi pastori sembra essere musica soave per chi “ascolta”questi versi con il cuore . E’ evidente la lontananza dalla sua terra in questo “Settembre”che lui va a celebrare infatti è tangibile una profonda malinconia che viene messa da parte con la rievocazione di questi tradizionali spostamenti che lui sembra voler mettere insieme attraverso immagini inserite nel’album fotografico delle sua memoria ; è come se fosse interiormente dotato di un “orologio con promemoria” che gli ricordi che nella sua terra la transumanza è iniziata, quasi come se questo evento fosse un film del quale egli sta perdendo l’anteprima. Questa poesia è un ampio flash – back di cui lo scrittore vuole rendere partecipi i suoi lettori e lo racconta per ciò che è: una fortissima tradizione locale che ha sfidato i secoli e non si è mai persa. E mentre parla di questo “trasloco”che coinvolge i pastori del suo Abruzzo egli, sembra quasi mettersi nei loro panni e vuole descrivere quelle emozioni che coinvolgono nello stesso momento sia lui che i suoi pastori: in questo momento descrittivo anche lui appare indossare i panni di un pastore che per questioni di lavoro si è spostato , lasciando l’Abruzzo, e questo ha creato nella sua anima un vuoto incolmabile. Vengono riportati i veri e propri suoni della terra in questa lirica, quasi come se egli volesse ripassare una poesia imparata da bambino e che non vuole per nessun motivo dimenticare, perché equivarrebbe a perdere un oggetto prezioso.
Di certo Pescara, questa splendida città di mare che ha dato i natali a Gabriele d’Annunzio , non ha mai dimenticato questo suo celebre poeta e ha voluto ricordarne la vita aprendo al pubblico la sua casa natale che tra l’altro proprio nel 1927 è stata dichiarata monumento nazionale. È una dimora che indubbiamente ha subito numerosi restauri nel corso del tempo che ne hanno modificato le fattezze del pian terreno ed in parte della facciata esterna, però ha continuato comunque a conservare il suo invidiabile fascino che in particolare è stato curato dall’architetto Giancarlo Moroni, famoso per essersi preso cura anche del Vittoriale. Le stanze all’interno della casa possono essere viste nell’eleganza e nella compostezza originarie, anche l’arredamento e le memorie familiari tracciate dallo stesso poeta permangono immutate. Al monumentale ingesso fanno seguito i vani del pian terreno che all’origine erano stalle e rimesse che oggi sono stanze che sono state ripulite per far spazio a mostre ed incontri culturali, vista anche la loro ampiezza. Il cortile presenta al centro un pozzo che non è particolare per la sua struttura o collocazione ma per ciò che rappresentava : un punto d’incontro per Gabriele ed i suoi fratelli che si divertivano ad aggirarlo durante i loro giochi, mentre il muro retrostante presenta un ritratto di Basilio Cascella risalente al 1920. Una breve scala poi introduce un lungo ballatoio su cui sono posizionati i vani della Biblioteca ed ovviamente quello che oggi è uno dei musei più significativi di Pescara. Il percorso da seguire è indicato, è stato indicato dallo stesso d’Annunzio nella sua opera Notturno, che è un’opera molto malinconica e “buia”come designa anche lo stesso titolo che vuole rifarsi al periodo di cecità vissuto dal poeta, e proprio in questa opera scandisce la pesantezza dei passi che l’hanno accompagnato, consapevolmente, una volta tornato a Pescara, fino al letto della madre malata.
L’allestimento interno mostra esposizioni di documenti d’archivio , fotografie, cimeli ed altri oggetti del poeta provenienti dal Vittoriale: c’è una prima enorme stanza che è un immenso salotto che lui descrive nell’opera come “deserta”, ed è un grande salotto dove sono conservati i suoi oggetti, fra cui coltelli e quadri; la stanza seguente invece è quella che ospita i libri che l’hanno aiutato a crescere ed a maturare durante la sua infanzia e la sua adolescenza e dove non mancano oggetti che gli ricordano il padre del quale c’è un ritratto che lo raffigura insieme ad un cardellino poggiato sul suo indice teso, ed il leggio dove il fratello solitamente poneva i suoi spartiti musicali. Poi c’e la sua camera da letto con il suo letto dal rivestimento bianco e il suo armadio dipinto che presenta specchi non più perfettamente splendenti ma offuscati dal tempo mentre della stanza adiacente alla sua camera egli da un ricordo molto sentito, ma è possibile anche vedere la sua importanza: sembra essere quasi una piccola stanza delle preghiere , infatti tra i particolari evidenti ci sono soprattutto una piccola immagine in cera di Gesù posta in una custodia di cristallo e la statua di una Madonna trafitta da sette spade per il dolore causato dalla perdita del figlio. Ancora molte altre sono le immagini sante e le preghiere disposte nella stanza. Uscendo da quest’ultima poi c’è un piccolo corridoio dotato di tre gradini che conducono ad una nuova stanza la cui particolarità è la volta ad arco e proprio questa stanza accoglie il prestigioso talamo sul quale fu generato il poeta. Si può affermare che la casa organizzata secondo un percorso museale non è soltanto un museo di pezzi esposti, ma è soprattutto un museo di ricordi che vedono come protagonista il poeta ed i suoi cari e tutte quante quelle che sono le emozioni vissute e provate in quell’ambiente.
Ma quando si parla di Gabriele d’Annunzio in realtà,bisogna sottolineare una cosa molto importante: tutta la città di Pescara è un museo a lui dedicato , perché molti sono gli ambienti a lui consacrati e molti sono i luoghi da lui frequentati che vogliono tenerne alto il ricordo come la famosissima “Pineta d’Avalos”o anche chiamata “Pineta dannunziana”proprio perché era una delle mete preferite del poeta ogni qualvolta tornava a Pescara e probabilmente ispirò il poeta nella stesura della celeberrima “pioggia nel pineto”, sebbene fosse ambientata in una pineta della Versilia. E’uno dei pochi boschi costieri d’Abruzzo rimasti : antica, lussureggiante questa meraviglia semi – naturale da spazio ad un’innumerevole quantità di piante tipiche abruzzesi. In questa lirica è possibile scorgere un d’Annunzio estasiato dalla bellezza della natura ed ancora una volta è la natura che sembra parlargli ed addirittura con “..stromenti diversi..”sembra volergli dedicare un passionale sottofondo musicale. Già soltanto nel leggere la poesia sembra quasi d’intonare un canto ..
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
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Museo casa natale gabriele D’Annunzio