Benvenuti nella nostra guida alla scoperta dell’eremo di Santo Spirito a Majella, a Roccamorice (Pe).
Essi hanno lasciato un segno indelebile nella sua storia, ma anche nella sua geografia. Hanno infatti riadattato grotte o costruito veri e propri edifici rupestri per creare i loro eremi.
E oggi vi sono diversi gli itinerari che possono essere seguiti per visitarli, passeggiando sua nella natura incontaminata e profondamente spirituale.
Numerosi sono anche infatti gli eremi e le grotte eremitiche, ma anche le abbazie, che possono essere visitate. Non soltanto ammirate nella loro struttura e arte, ma anche vissute spiritualmente.
La bellezza della natura e il silenzio che li circonda riescono a liberare l’anima. Dando libero sfogo a riflessioni e pensieri che nella vita frenetica di ogni giorno non troverebbero spazio.
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Uno degli eremi davvero simbolici di questo “percorso spirituale” è sicuramente quello di Santo Spirito a Majella. Esso ha infatti avuto addirittura l’onore di ospitare Celestino V, che ne fu anche il fondatore.
Ricordiamo che San Celestino fu Papa ed noto per il “gran rifiuto” che, secondo Dante Alighieri, fece “per viltà” rinunciando all’elezione a pontefice.
Santo Spirito a Majella si trova nel territorio di Roccamorice, un borgo che in realtà è stato un vero e proprio punto di riferimento per quanto riguarda la scelta eremitica.
Sempre nel suo territorio si trova infatti un altro stupendo eremo: San Bartolomeo in Legio. Molto particolare soprattutto per la sua posizione, incastonata nella roccia della parete di un remoto vallone.
L’eremo di Santo Spirito si trova invece lungo la medesima parete della stessa valle, ma molto più a monte. Lo troviamo a termine di una ripida strada in salita che corre lungo il fianco dell’omonimo vallone (di Santo Spirito). Un luogo ideale per una struttura eremitica.
Incastonata nella roccia, l’Abbazia di Santo Spirito a Maiella rappresenta uno dei luoghi più suggestivi d’Abruzzo. Qui l’architettura entra in simbiosi con la natura e con i valori ascetici che ancora riesce ad evocare nel visitatore.
Come detto, la sua storia è legata alla figura eremitica di Pietro Angelerio, divenuto Papa nel 1294 col nome di Celestino V.
Noto anche come eremo di Santo Spirito, il luogo sacro venne fondato attorno al 1244 e costituisce il primo insediamento stabile di Celestino sulla Maiella.
Della facciata, segnata da numerosi rifacimenti, di originale resta il portale, probabilmente risalente ai lavori di fine Cinquecento voluti dall’abate Pietro Santucci da Manfredonia.
Nella lunetta rimangono poche tracce di un antico affresco cinquecentesco ormai perduto. Alla scritta incisa nell’architrave porta celi, ossia porta del cielo, ne corrispondeva un’altra dipinta poco sopra:
hoc crede mente solida – ecclesia haec sancti spiriti ab angelis consecrata aegris medicina est et christi fidelibus dimittit peccata omnia.
Al termine di un basso passaggio che fiancheggia il lato sinistro della chiesa, due porticine immettono ai locali della cripta. Divisa in tre piccole stanzette comunicanti, di cui quello centrale è detto “stanza del crocifisso” in quanto tradizione vuole che qui sostasse in preghiera Papa Celestino.
L’interno della chiesa, dalle forme tipiche dell’architettura del tardo Rinascimento, deve il suo aspetto attuale ancora ai lavori voluti dall’abate Santucci intorno al 1586.
Questo è testimoniato dalle scritte ai lati dell’altare maggiore che ricordano inoltre, da un lato l’ordine di Celestino
celestin. eps. servus servor. dei a.d. 1586
e dall’altro l’origine benedettina di questa chiesa
benedict. dei famulus a.d. 1586
Molto interessanti da un punto di vista artistico gli altari.
Quello maggiore risale agli inizi del Seicento, mentre la coppia di altari laterali può ingannare lo sguardo meno esperto. Sono costruiti ad imitazione del primo ma risalgono alla fine dell’Ottocento, cosi come il primo altare a destra, entrando.
Come si può notare, sono presenti sul lato destro ben tre altari, mentre sul sinistro uno solo. La stranezza si spiega con il crollo di tutto il fianco sinistro nel 1820 a seguito di un incendio, del quale sono ancora visibili tracce nelle parti annerite dell’altare maggiore.
Nel Cinquecento e nel Seicento la chiesa doveva apparire molto più ordinata grazie ad un interno a due navate, con due soli altari laterali simmetrici, probabilmente a metà delle pareti laterali.
Tra le opere d’arte che decorano e impreziosiscono l’interno, oltre al busto di Papa Celestino V, è molto importante la tela che raffigura la
Discesa dello Spirito Santo
sistemata sull’altare maggiore, oggetto di un recentissimo restauro.
Sugli altari di destra abbiamo semplici tele di fine Ottocento
La statua in legno di San Michele Arcangelo, sul primo altare di destra, è stata scolpita agli inizi del Novecento dall’intagliatore Giuseppe Di Bartolomeo di Roccamorice.
Egli fu autore anche del tabernacolo sull’altare maggiore, in pietra della Majella, e di un raffinato portone arabescato usato come chiusura della chiesa.
Dal secondo livello della “casa del principe” si sale la cosiddetta “scala santa”. Un’ suggestivo esempio di architettura spontanea che sfrutta un anfratto della roccia o una grotta naturale secondo un principio di adattamento all’ambiente tipico di tutti gli eremi della Maiella.
Sulla destra si entra invece, tramite una ripida scala in pietra, all’Oratorio della Maddalena, così detto perché sopra al portale si trova un rilievo raffigurante appunto Maria Maddalena.
L’unico arredo è un altare in pietra con un affresco della Pietà, dipinta nel 1737 da Domenico Gizzonio, un pittore nativo di Roccacasale.
Dalla sagrestia si sale alla clausura, ovvero agli antichi appartamenti dei frati.
Non deve ingannare l’ampio spazio nel quale oggi ci si muove. Esso è stato creato da un discutibile restauro che ha ampliato le stanze e i passaggi. Modificando e in parte distruggendo quell’atmosfera creata dalle piccole celle dei monaci che si aprivano lungo uno stretto corridoio.
Un camminamento scavato nella roccia conduce poi alla cosiddetta “casa del principe”.
Si tratta di un’austera costruzione seicentesca che si estende su due piani, fatta costruire probabilmente dal nobile napoletano Marino IV (1646-1694). Egli fu principe di Santo Buono e marchese di Bucchianico, e si ritirò sulla Maiella per condurre vita ascetica.
Punto di riferimento per raggiungere l’Abbazia è il paese di Roccamorice, interessante da visitare per le sue strette viuzze, la torre medievale e la chiesa di San Donato.
Lungo la strada che sale verso l’Abbazia si trovano le indicazioni per l’eremo di San Bartolomeo in Legio e la deviazione che, durante la bella stagione, prosegue verso la stazione sciistica della Majelletta.
Sul percorso si trovano numerosi esempi di una affascinante testimonianza di architettura spontanea costituita dalle cosiddette capanne a tholos,
Queste strutture dalla curiosa forma di piramide tronca a pianta circolare venivano costruite dai pastori, ancora fino in anni recenti, come ricovero per i periodi di permanenza al seguito delle greggi.
Nel solo territorio di Roccamorice ce ne sono circa 150 e alcune sono visibili dalla strada.
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