Spoltore (Pe). Chiesa di San Panfilo dietro le mura

Una “lotta contro il tempo”: storia di San Panfilo dietro le mura

Spelt”, ossia “farro”, è secondo alcuni storici l’origine del nome “Spoltore”, caratteristico paese in provincia di Pescara la cui genesi viene fatta risalire al periodo tardo-romano o alto-medioevale. La coltivazione di questo cereale nel paese aveva una grande diffusione, particolarmente nelle campagne circostanti, e con tutta probabilità divenne addirittura una componente immancabile nella dieta dei suoi abitanti, oltre che nel mercato commerciale che lo stesso paese deteneva con i borghi vicini.
Ad attestare una fortunata presenza longobarda nel paese sono intervenuti anche i ritrovamenti archeologici: molto significativo è stato il recupero di una tomba all’esterno di quello che veniva identificato come “castrum” e che si trova nel pressi di quella che oggi (in paese) viene conosciuta come “Società Operaia”, collocata nel punto più alto del centro storico.
Il caratteristico borgo di Spoltore secondo ricostruzioni fatte negli ultimi anni e con le quali non tutti gli studiosi sono concordi, faceva parte del gruppo delle quattro città vestine più importanti ed il suo nome originale poteva essere “Angulum”. È sempre stato un centro importantissimo per il commercio e non solo, infatti essendo ben collegata, anche incursioni straniere trovavano facilmente accesso in esso ed in particolar modo gli agguerriti Saraceni erano coloro che si divertivano a saccheggiare il florido paese. L’unica soluzione a quello che era diventato un insormontabile problema fu la costruzione di un “castello” che inizia proprio con la fortificazione del centro abitato, intorno al quale vennero costruite mura possenti e difficilmente espugnabili che servirono proprio a difendere la gente del posto dalle razzie e dai saccheggi che ormai erano diventati un pericolo quotidiano per la popolazione.
Il borgo di Spoltore presenta due chiese principali: San Panfilo fuori le mura e San Panfilo dentro le mura, e questa distinzione prevede una distinzione ben precisa. La chiesa di San Panfilo fuori le mura infatti in epoca medioevale è nata come una semplice costruzione in cui il paese, che era un grandissimo produttore, potesse conservare derrate alimentari e dove potesse mettere al riparo i propri attrezzi agricoli; questo tipo di costruzione veniva chiamata “grancia” ed era generalmente annessa ai monasteri, alle abbazie o alle chiese in generale. Qui trovavano ricovero i chierici, soprattutto, i quali erano uomini di chiesa che ogni giorno si dedicavano al duro lavoro nei campi e non si opponevano alla distribuzione della loro produzione a tutti quei poveri che non potevano permettersi il “pasto quotidiano”.
L’accesa attività religiosa che vantava San Panfilo era sotto il controllo della potente abbazia di Picciano che le concesse la possibilità di impartire i sacramenti; la situazione cambiò quando, in un momento di crisi attraversata dalla sede di Picciano, quella di Spoltore iniziò a rivendicare una maggiore stima, apportando anche delle modifiche estetiche alla chiesa, fino al ‘600 quando la sede principale fu spostata nel centro del paese, diventando “San Panfilo dentro le mura”, ossia la chiesa che attualmente presenta il ruolo della prepositura e che ospita ancora oggi la sede parrocchiale maggiore ( a causa anche delle pessime condizioni in cui versa l’altra chiesa omonima fuori le mura del paese) ed è la sede principale del culto mariano della “Madonna del Popolo”. La chiesa di San Panfilo fuori le mura fu affidata ai Frati Osservanti Minori conosciuti anche come “zoccolanti”perché come segno d’umiltà calzavano in qualunque stagione gli zoccoli; fu costruito un convento vicino alla chiesa che fu un vero e proprio ricovero, nei momenti bui dell’epidemia , per tutti coloro che non avevano una dimora o che necessitavano di cure particolari, e con amore i frati arricchirono la chiesa non soltanto con oggetti d’arte barocca ma anche con affreschi.

Profilo attuale della chiesa di San Panfilo fuori le mura
Il “convento”, così da allora fu chiamata la chiesa di San Panfilo fuori le mura, aveva, durante l’Unità d’Italia nel 1866, solo cinque frati e dunque fu chiuso in seguito alla legge emanata dal re la quale recitava che : “tutti i conventi che avevano meno di dodici frati dovevano essere chiusi”. Esso passò al Comune di Spoltore che affidò la parte destinata al culto della Confraternita di Santa Maria del Suffragio, mentre la porzione conventuale venne acquisita dalla famiglia Cerulli che la mantenne per lungo tempo in ottimo stato prendendosene cura con costanza, aggiungendo anche delle caratteristiche esteriori che la resero quasi “gotica”.
Le famiglie più in vista di Spoltore si presero cura per molti anni della struttura , ma oggi purtroppo lo stato conservativo di questo spettacolare convento lascia perplessi, versando in condizioni disastrose. Si sta facendo il possibile attraverso interventi di restauro perché le sue condizioni non peggiorino. È una porzione della storia spoltorese che riempie d’orgoglio gli abitanti del paese, i quali tra l’altro sono già rimasti molto delusi quando è stato imposto il divieto di celebrare funzioni all’interno dell’edificio perché considerato malsicuro.
“DO(mi)NUS IACOBUS FRA(n)CIS(c)I P(rae)POSIT(us) S. PA(n)PHILI COLA IACO(bus)RUBBEI &ANTO(niu)S PANTALEO(n)IS RITI PROCURATORES S. P(anphili). A D MCCCCLXXXVIIII”
“Il Signor preposto Giacomo Di Francesco , i procuratori di San Panfilo Cola Giacomo Rubbei e Antonio Pantaleone Riti (curarono). Anno del Signore 1489”.
Questa è la frase che è riportata sull’architrave della chiesa del convento , ancora leggibile a grandi caratteri ed è una dedica fatta a Giacomo Di Francesco, preposto, ed ai procuratori di San Panfilo: Cola Giacomo Rubbei ed Antonio Pantaleone Riti che nel 1488 si erano presi cura dell’edificio.

L’epigrafe, sopra citata, presente sull’architrave del convento
I vivaci colori degli affreschi e gli elementi ancora ben evidenti all’interno della chiesa lasciano estasiati coloro che vi entrano ed il primo elemento da notare varcando la soglia d’ingresso è l’endonartece : non è altro che il vestibolo coperto dell’edificio che nella basilica paleocristiana è destinata a catecumeni e penitenti ma anche al clero. Sul fondo della chiesa, nell’abside, ben visibile, è ancora il coro in legno che risale ai primi anni del ‘600 e che permetteva ai frati di riunirsi soavemente per recitare il mattutino. Il quadrilobo irregolare (e non l’unico presente nella costruzione) mostra un affresco che come molti elementi della struttura , combatte contro il tempo, risultando particolarmente rovinato: raffigura la Madonna con il Bambino ed intorno presenta un coro di angeli, uno dei quali al centro sorregge la parrocchia , mentre ai lati ci sono dei frati francescani. Ma ancora una volta ci si può rifare all’elemento pittorico che colpisce in modo più potente. Basta alzare lo sguardo sul soffitto per godere di un’emozionante visione: esso presenta un grande medaglione dalla forma irregolare che mostra l’ “Assunta”, la Madonna che viene scortata in cielo dagli angeli, mentre c’è proprio il paese di Spoltore in basso a destra a fare da sfondo, sulla sinistra s’intravede un’altra costruzione contrassegnante il paese che è la torre di Sterlich con un pozzo annesso,importante probabilmente per il rifornimento di acqua.
Nelle due lunette di destra sono affrescati il “Buon Pastore”, la cui immagine colpisce soprattutto per la mescolanza di colori ancora ben conservati, e Santa Chiara di Montefalco, mentre in un medaglione ricavato sullo spicchio c’è l’immagine di Santa Lucia: questa santa è molto celebrata in paese, addirittura presenta due chiese che le sono state dedicate, una collocata in pieno centro, l’altra si trova in aperta campagna. Sulla parete è scolpita un’ acquasantiera architettonicamente complessa ed in più un’epigrafe annerita nel tempo perché continuamente sfregata con devozione dai fedeli , che facevano ingresso in chiesa, prima di farsi il segno della croce. L’epigrafe scritta in caratteri gotici riporta testuali parole, a dire il vero poco leggibili:
“HOC OPUS FACTUM FUIT TEMPORE MINATIONIS MAGNIFICI DOMINI BATTISTE PAGANI, DOMNI MATTIE PREPOSITI, JACOBI MAGISTRI FILIPPI, FRANCISCI ANTONELLI, PROCURATORUM, ANNO DOMINICE INCARNATIONIS 1480.C. RANCIANUS ME FECIT”.
Si va ad attribuire la sopraelevazione e l’ampliamento della chiesa di San Panfilo fuori le mura a Ranciano, nel 1480;di questo architetto s’è saputo ben poco anche nel paese:
“Quest’opera fu eseguita al tempo del Magnifico Signore Battista Pagani, del Preposto Domenico Mattei, dei procuratori Giacomo Mastro Filippo e Francesco Antonelli, nell’anno dell’incarnazione del Signore, 1480. C. Ranciano mi fece”.
Nelle due lunette di sinistra c’è la stessa situazione della porzione di destra,in parallelo, con diversi protagonisti : sono presenti le consunte, ormai, immagini di Sant’Antonio di Padova e Santa Rita da Cascia, mentre nel medaglione corrispondente c’è l’immagine di Sant’Agata, ancora un’acquasantiera nella parete oltre ad un’epigrafe funeraria scolpita sulla stessa parete; in particolare quest’ultimo è un epitaffio che vuole far notare ai posteri quanto dolore s’è provato per la morte di “Letizia e suo marito Antonio di Filippo, nel 1833”.
Al suo interno il convento appare quasi come un “museo”di statue ed affreschi che appaiono lungo la navata centrale e che sicuramente non sono stati disposti a caso ma secondo criteri specifici comunque legati alla fede. Sotto le colonne dei primi due archi, per esempio, sono collocati quattro vescovi: San Giustino , San Gennaro, San Nicola Magno e San Biagio, mentre a ridosso delle colonne centrali ci sono quattro papi: San Silvestro I, San Gregorio Magno, San Paolo III e San Martino. Le colonne intere della navata centrale invece mostrano medaglioni a rilievo di quattro evangelisti che sono facilmente riconoscibili a causa dei simboli: San Giovanni per esempio è legato al simbolo dell’aquila, San Luca alla mucca, San Marco al leone, San Matteo all’angelo; sui pennacchi delle quattro colonne centrali invece ci sono medaglioni raffiguranti Santi Francescani: a destra San Diego e San Ludovico d’Angiò, a sinistra San Bernardo degli Umberti e San Giacomo.
Le arcate superiori invece sottolineano con eleganza stemmi gentilizi , alcuni dei quali si ritiene siano incompiuti perché appunto vuoti. Lo stemma che maggiormente colpisce , e che da un punto di vista storico è il più importante è quello ricavato nell’arcata sinistra , vicino all’altare maggiore: è uno stemma concesso dalla celeberrima casa degli Asburgo ad una delle famigli e più influenti di Spoltore, cioè i Castiglioni, mentre le colonne più prossime al medesimo altare(che è il più importante in quanto dedicato allo stesso San Panfilo, patrono del paese), presentano le statue di quattro Santi Apostoli che sono Sant’Andrea, San Paolo, San Pietro e San Tommaso.
L’altare di San Panfilo colpisce per la sua straordinaria bellezza; è completamente rivestita d’oro ed è sormontata dalla statua del santo , in età giovanile, mentre in altorilievo sotto la statua del santo, c’è una “imago clipeata”, l’immagine della Madonna che fuoriesce da uno scudo tondeggiante, ed il lato sinistro presenta la statua di San Francesco, mentre il lato destro, la statua di San Bernardino. Ovviamente non mancano altari minori all’interno della chiesa , tutti altamente decorati ma sicuramente meno preziosi rispetto all’altare del Patrono.
L’altare di Sant’Antonio è anch’esso molto decorato e presenta doppie colonne tornanti, riccamente ricoperti di rami, foglie, e fiori; colpisce particolarmente il centro che presenta un affresco raffigurante l’Annunciazione ed un momento della vita quotidiana di Sant’Antonio , mentre nella nicchia ricavata tra le quattro colonne c’è la statua del Santo stesso. Colpisce in maniera particolare, osservando quest’altare, la commistione fra l’elemento barocco e l’elemento neoclassico, evidenziati da alcune forme e da caratteristici evidenti, seppure in manifesto stato di abbandono purtroppo. Ai lati dell’altare ci sono le statue di San Giovanni da Capestrano e San Bonaventura a sinistra.
L’altare della famiglia Aglione, collocato nella navata di sinistra, presenta la statua di Edoardo, re d’Inghilterra a destra, mentre a sinistra c’è la statua di re Ferdinando di Castiglia; al centro è presente una nicchia dove c’è una statua color d’oro della Madonna Immacolata. Anche in questo caso cono ben evidenti colonne tortili, in numero di due, decorati con rami di vite che si avvolgono sulle colonne e sono il simbolo dell’innesto che anche l’uomo dovrebbe provvedere a creare: la sua vita sulla vera vita, il Cristo.
L’altare di San Michele Arcangelo è posto nella navata sinistra ed è l’ultimo altare di questa navata. Bianche sono le statue che ha ai suoi lati : a sinistra quella del Buon Pastore, a destra quella di San Giulio papa, mentre sotto l’altare collocato in una mezza luna c’è un bassorilievo con la scena di alcune anime penitenti del Purgatorio. Quest’altare è stato particolarmente consumato dal tempo, lo si vede soprattutto dai colori che non sono più accesi a dalla polvere che in modo specifico copre l’edicola sopra l’altare che presenta una scena raffigurante San Giovanni Battista che battezza Gesù. San Crispino, protettore dei calzolai, invece, in un affresco donato dala famiglia Salvetti nei primi anni del’700, domina il lato destro dell’altare. Il primo altare ella navata di destra invece è quello su Sant’Antonio abate che colpisce per la sua semplicità e per lo stato di imperfezione in cui è stato lasciato. Sulla sommità dell’altare è ben visibile lo stemma della famiglia Di Flamminio che a suo spese realizzò l’altare. Alla sua destra troviamo la banca statua di Carlo Borromeo , a sinistra San Bartolomeo apostolo.
Subito dopo quest’altare c ‘è quello della Madonna degli Angeli, in stile barocco, chiamato così per il grande quadro della Madonna degli Angeli che i frati posizionarono sul corrispettivo altare tra le statue di Santa Elisabetta d’Ungheria a destra e a sinistra la statua di Santa Elisabetta di Portogallo. Il quadro però nel 1690, sempre dai frati fu sostituito con la statua di un loro confratello: San Pasquale di Baylon, e questa modifica fu deleteria per l’altare che subì con il cambiamento il primo di una serie di danneggiamenti poi ulteriormente aggravati dal tempo. L’ultimo altare è quello della Natività, collocato a conclusione della navata destra , caratterizzato da scritte latine che si riferiscono appunto , alla nascita di Cristo e presenta alla sua destra la statua del re Melchisedek, alla sua sinistra la statua di re Davide, vincitore di Golia.

Immagine del convento
La bellezza di questa chiesa ha sempre riempito di profondo senso di dignità l’abitante del paese di Spoltore che finché ha potuto ha preferito svolgere le funzioni liturgiche all’interno di queste mura dove si può toccare con mano la storia. Oggi disgraziatamente le condizioni in cui versa la chiesa portano ad interrogarsi sul perché di tanta incuria anche in passato, e si ha quasi la necessitò di denunciare l’oblio che ha minacciato la sopravvivenza di quest’angolo storico , soprattutto ora che finalmente si trasforma in speranza.
(ph. Alessandra Renzetti, tutte)

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